A partire da “Psicologia delle masse e analisi dell’io”

Intervento del 12 marzo 2021 al webinar “Soggetto e masse”

La politica e la convivenza civile attraversano in Occidente difficoltà crescenti. Per risolvere le quali avremmo però un armamentario utile: per Thomas Piketty, «se vogliamo riprendere il controllo del capitale, dobbiamo puntare tutto sulla democrazia». Un compito però per nulla semplice. Ogni giorno di più acquisiamo consapevolezza di quanto complesso sia oggi far pulsare la democrazia, specie volendo riportarla in vita fuori da quello stato di palliazione alla quale si è ridotta[1].
Oggi il malessere della democrazia si manifesta in forma peculiari: attraverso la diffidenza nei confronti della rappresentanza politica che ne mina la stessa legittimità; la crisi dell’efficienza democratica; le incertezze nella capacità di indirizzo e la cessione di sovranità rispetto alla capacità di controllo, per cui si parla piuttosto di capitalismo della sorveglianza: la privacy non ci viene saccheggiata né estorta da un regime occhiuto tipo 1984, ma la consegniamo volontariamente in cambio di utilities come l’email o la possibilità di scambiare due chiacchiere in rete su Facebook o in una stanza di Clubhouse. La consapevolezza aiuterebbe: teniamo presente che se sembra che nessuno stia vendendoci qualcosa, vuol dire che la merce siamo noi[2].
Ho solo ricordato alcuni dei problemi che testimoniano le profonde difficoltà in cui versa il legame sociale. Intendiamoci: non è la prima volta nella modernità, e quasi ogni volta si è pensato ai possibili farmaci. Alcuni non parrebbero scaduti, anche a distanza di tempo. Ad esempio, quattro anni prima che Freud pubblicasse la Massenpsychologie, Antonio Gramsci affidava a “La Città Futura” la famosa invettiva contro l’indifferenza delle masse, alla quale opponeva come antidoto la partigianeria. Le masse – allora come oggi – lasciano che i nodi si aggroviglino, in nome del fatalismo, dello scoramento. Poche mani tessono così nell’ombra la tela della vita collettiva e la massa non se ne preoccupa. La gente abdica ad esercitare la propria volontà e la propria funzione responsabile di controllo[3].
Il testo di Freud al centro del seminario risponde in qualche modo anche a Gramsci. Argomentando un aspetto decisivo: non è possibile entrare in società, fare politica, insistendo solo sui legami orizzontali.
Èevidente allora che la caduta del potere orientativo dell’ideale sia questione dell’oggi come di cento anni fa: mutano condizioni e strumenti di oppressione e sorveglianza, ma la sostanza del problema rimane. Il declino sociale dell’imago paterna contribuisce in misura decisiva a rendere fragili i dispositivi istituzionali. Quasi tutte le organizzazioni – Chiese, sindacati, partiti, associazioni – patiscono una crisi profonda della loro significatività simbolica. C’è chi ne è soddisfatto, salutando l’evento come una riprova del fatto che la nostra società sarebbe ormai postideologica e secolarizzata. Il che spiegherebbe, per esempio, com’è possibile che la gente voti in massa per un partito e tre anni dopo per il concorrente diretto, senza batter ciglio, e come mai molti politici si sentano autorizzati a cambiare maggioranza senza alcun vincolo di mandato né di appartenenza.
Uno degli assiomi della postmodernità è proprio che non si danno più visioni del mondo diverse, proposte politiche alternative. Ogni forza tende a proporsi sul mercato politico in modi solo leggermente differenti dalle concorrenti, accentuando o attutendo questo o quel punto di programma. Sono tutte per la sicurezza dei cittadini, chi più (le destre), chi meno (le sinistre). Tutte per il lavoro, chi più (le sinistre), chi meno (le destre). Tutte per lo sviluppo industriale sostenibile, chi più (le destre), chi meno (le sinistre). Tutte per l’ambiente, chi più (le sinistre), chi meno (le destre). In un gigantesco affresco di assoluta compatibilità e tendenziale intercambiabilità, per cui la stessa alternanza di governo non comporta più alcun soprassalto per la nazione; come se si trattasse di scegliere se mettere uno o due cucchiaini di zucchero nel caffè.
Nessuno sa più bene cosa distinguano i partiti, formazioni che è come si vergognassero di parteggiare per una classe, un ceto, per degli interessi particolari; e allora scelgono di stare nel mezzo, assicurando la governabilità, evitando di proporre una propria visione del mondo, se e quando ne disponessero. Scelgono la massima inclusività teorica possibile, provando a soddisfare tutti, anche se così tendenzialmente non rappresentano più nessuno in particolare. A sinistra il fenomeno è più marcato, e il Partito si mostra riluttante persino a darsi un capo, escludendo così quell’unica possibilità che, senza idee, potrebbe garantirgli un pubblico: un capo in luogo dell’ideale dell’Io. Quel capo che per Freud è tale perché dà all’Io che vi si identifica ciò di cui si sente mancante, rimediando alla sua angoscia.
Si può sostenere che il totalitarismo postideologico non sia una visione del mondo, ma piuttosto la caduta di ogni possibile visione del mondo. Credoperò che questo nichilismo – che potremmo definire secondario – sia anch’esso un’ideologia, anzi: che sia l’ideologia dominante la contemporaneità. Dalla metà degli anni Ottanta assistiamo alla glorificazione della sovranità del singolo, mentre le masse sembrano scomparse dal proscenio della storia, ritornando timide protagoniste solo al sabato pomeriggio nelle vesti di consumatori, a causa della pandemia che nei mesi passati ha diradato le folle dei centri commerciali. Intanto, si è consumatoil senso stesso della storia, del debito simbolico. La radice relazionale dell’individualità mantiene il simulacro dell’asse orizzontale, del legame fondato sull’identificazione coi simili, ma ha del tutto smarrito quello verticale, derivato dal tratto paterno, perdendo il potere orientativo dell’Ideale dell’Io.
Anche per questo Freud riteneva che la definizione aristotelica dell’uomo come animale politico peccasse di ottimismo. L’uomo occidentale si conferma piuttosto animale da orda, da branco, perfettamente a proprio agio nel caso di eventi sportivi di massa, dai quali si sente rassicurato e risucchiato. Per costituirsi in individualità ha certo bisogno di essere individuato dallo sguardo dell’altro, ma dovrebbe ridarsi un ideale sulla base delle aspettative simboliche, del sentiment– come si dice oggi – dei gruppi dei quali fa parte.
C’è chi ritiene che a favorire il riemergere della massa primaria sia la crisi dell’appartenenza agli istituti di mediazione, lo sclerotizzarsi dei modelli classici di associazione collettiva. Non ne sono convinto. Riprendendo l’incisiva figura proposta da Davide Taricco, direi che il popolo sta morendo sì, ma non a causa della crisi degli istituti collettivi; questi ultimi piuttosto si stanno sfaldando a causa di una soggettività che sembra aver rinunciato all’inconscio. E che neanche lo sa.
Cent’anni di riflessioni sul testo di Freud ci hanno insegnato che la società senza padre probabilmente non è possibile, e che non solo non è un sogno da sognare, ma che se lo diviene, porta con sé una grande angoscia.

Date:

12/03/2021

Riferimenti:

  1. Byung-Chul Han, La società senza dolore, Einaudi, Torino 2021.
  2. Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. ll futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, LUISS University Press, Roma 2019.
  3. «Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. […]. Nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?»

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European Journal of Psychoanalysis