Contro l’“isolamento”

Un punto deve essere chiaro.  Si può dire tutto quel che pensiamo nel male e nel bene in merito a questa pandemia e ai modi di affrontarla.  C’è, però, una valutazione generale che mi sento di fare in proposito.  Tutte le considerazioni che circolano vanno bene dal punto di vista del soggetto individuale, anche quelle riferite agli scenari più fantasiosi, i cosiddetti controfattuali, che toccano da vicino il soggetto individuale, ma va detto che per lo più non sfiorano il soggetto collettivo.  Le considerazioni individualistiche, benché necessarie, non sono sufficienti ad affrontare il problema.

Da vecchio biometrista, correggo Stalin.  La statistica non comincia da 1,000,000 di individui, ma già dai primi tre.  Tre è la prima forma di collettivo.  Tres faciunt collegium.  La statistica comincia soprattutto dalle interazioni interindividuali, che crescono esponenzialmente come 2 elevato al numero individui. Già con dieci individui le interazioni sono più di mille.  Se poi si aggiunge che un solo fotone iperenergetico, proveniente da una galassia lontana miliardi di anni luce, può provocare la mutazione di un solo virus, trasformandolo da saprofita in patogeno, ogni possibilità di previsione individuale va a pallino!

In un’epidemia, a maggior ragione in una pandemia, è in questione il soggetto collettivo.  È una questione delicata che lo spirito umanistico non riesce a pensare correttamente, con la scusa che è un affare scientifico, per esempio statistico, e non lo riguarda.  I numeri non toccherebbero il soggetto, che è singolare e non si conta.  Sciocchezze.  Oltre al soggetto individuale, esiste misconosciuto il soggetto collettivo, che va da tre a infinito.  Proprio lo spirito umanistico dovrebbe interrogarsi sul perché il suo cogito non riesce a pensare il cogitamus e gli effetti dell’agire che tutti noi, come collettivo, cogitiamo e decidiamo, per lo più nell’ignoranza.  Si dice che dalla metà del XX° secolo è iniziata una nuova era: l’Antropocene, la nuova rivoluzione industriale, che esorbita dai confini di casa nostra e coinvolge tutto il pianeta attraverso le cosiddette esternalità.  Difficile contestare una congettura che ci esorbita.  Quello che abbiamo davanti è troppo evidente. Dice David Quammen,

 

Human-caused ecological pressures and disruptions are bringing animal pathogens ever more into contact with human populations, while human technology and behaviour are spreading those pathogens ever more widely and quickly. There are three elements to the situation. One: Mankind’s activities are causing the disintegration (a word chosen carefully) of natural ecosystems at a cataclysmic rate. (D. Quammen, Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic, W.W. Norton & Company, 2012, p. 40).

 

 

Insomma, queste pandemie: HIV 1 e 2, Ebola, Sars, Mers, influenza dei maiali, febbre del Nilo, Covid e tutte le altre, non sono l’esito della mano di dio che ci punisce, ma dell’uomo che sta annientando il pianeta a cominciare dal suo clima, con deforestazioni, inquinamento da CO2, attentati alla biodiversità (ah, Darwin!).  Neppure Freud, che era un pensatore individualista, lo supponeva: esiste un masochismo collettivo originario; amiamo farci del male, noi dell’Antropocene.

Il guaio è che negandoli non riusciamo ad aggiustare i guai che il collettivo ha prodotto.  Il negazionismo, che nega sistematicamente la shoah, l’allunaggio, il cambiamento climatico, è la filosofia che la volontà d’ignoranza del soggetto individuale – il potente di turno – impone al soggetto collettivo per fare dimenticare a tutti i disastri che ha prodotto.  Si rilegga il saggio di Freud sulla negazione del 1925. “Lei dirà che la signora del sogno non è la madre”, dice il paziente. Correggiamo, dice Freud: “È la madre”.

Insomma, il nostro attuale imperativo morale è post-cartesiano: COGITAMUS! altrimenti va a catafascio il SUMUS.  Devo purtroppo riconoscere che i grandi maestri del pensiero del secolo scorso, Freud compreso, non ci hanno molto aiutato in questa transizione dall’etica individuale alla collettiva.  Abbiamo inventato i collettivismi, senza rispettare il sapere del soggetto collettivo.  Il narcisismo del soggetto individuale è una corazza dura da perforare.  Riuscirà Covid-19 a farci aprire gli occhi e a farci uscire dalle monadi in cui siamo rinchiusi in “isolamento”?

Pensiamoci: l’alternativa è lasciar morire i vecchi.

Share This Article

European Journal of Psychoanalysis