Presentazione di E. Fachinelli ‘Esercizi di psicoanalisi’.

Intervento sulla raccolta di saggi ‘Esercizi di Psicoanalisi’ di E. Fachinelli (Feltrinelli). Roma, 18 novembre 2022.

Poco dopo l’uscita di Grottesche (2019), il diario di bordo di Elvio Fachinelli pubblicato da Italo Svevo Edizioni, fui invitato insieme ad altri colleghi a presentare il libro presso l’IPRS. Purtroppo, però, l’evento fu annullato a causa della pandemia. A tre anni di distanza, la pubblicazione degli Esercizi di psicoanalisi ci ha fornito una nuova occasione per incontrarci e parlare della figura di Fachinelli. Quelle che seguono sono delle riflessioni emerse dal nostro incontro.

Per quanto schematicamente, possiamo dividere la produzione di Fachinelli in due grandi periodi. Il primo, dedicato alla chiarificazione di alcuni dei principali concetti della psicoanalisi freudiana trascurati o ripudiati dagli eredi di Freud, è collocabile tra la seconda metà degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. È il periodo delle appassionate collaborazioni con Il Corpo e i Quaderni Piacentini (riviste simbolo della sinistra indipendente italiana, vicine tanto alla psicoanalisi quanto al marxismo), ma anche delle traduzioni di alcuni importanti saggi quali La negazione, Materialismo dialettico e psicanalisi e, non in ultimo, L’interpretazione dei sogni.

Il secondo periodo, successivo alla “rivoluzione fallita” del Sessantotto e orientato alla diffusione concreta della psicoanalisi sul territorio, si pone invece come un’elaborazione critica dell’eredità di Freud e della psicoanalisi in quanto tale. Se in precedenza Fachinelli si era impegnato a restituire autenticità all’insegnamento freudiano, ora la sua ricerca è alimentata da un interrogativo ben più urgente: cos’è oggi la psicoanalisi e cosa diventerà in futuro? Per rispondere a una simile domanda Fachinelli non si limita ad analizzare la complicità tra psicoanalisi e cultura di massa (un connubio controverso, spesso bollato con lo stigma della mercificazione), ma torna agli albori della pratica dell’inconscio, scandagliando i fantasmi e le verità rimosse che ne hanno decretato la nascita e lo sviluppo.

Gli Esercizi di psicoanalisi, frutto ancora una volta dell’imprescindibile cura di Dario Borso e introdotti da Massimo Recalcati, sono in questo senso un prezioso strumento per seguire le tracce della riflessione del “secondo” Fachinelli. Il libro raccoglie scritti, appunti e interventi che vanno dal 1973 al 1989 e, nonostante si tratti di una semplice raccolta, la sua struttura appare quanto mai organica. Personalmente, trovo che siano due le traiettorie cruciali da seguire nel corso della lettura, sintetizzabili nelle coppie di termini sapere-potere e corpo-linguaggio.

La coppia sapere-potere ci viene presentata immediatamente nell’intervento che apre la raccolta, La gabbia di Freud. Qui Fachinelli osserva con sardonica lungimiranza come la costituzione della psicologia quale forma di sapere separato rischierà di produrre un effetto doppiamente problematico per il futuro della clinica mentale: da un lato, la psicologia ridurrà la capacità della psicoanalisi di valorizzare l’esperienza singolare degli individui, sostituendo il sapere inquietante dell’inconscio con un “sistema genitoriale accessorio” basato esclusivamente sull’imposizione e la prescrizione di risposte; dall’altro, con la diffusione del sapere psicologico, la psicoanalisi finirà per rinchiudersi in un sistema istituzionale di “norme, restrizioni ed esclusioni” ancor più rigido del precedente. In entrambi i casi, nota polemicamente Fachinelli, abbiamo a che fare con il medesimo difetto originario: la novità delle istituzioni emerge da un sapere già vecchio, incapace tanto di aggiornarsi quanto di comprendere le nuove richieste che gli vengono poste (proprio come accadde per le proteste del Sessantotto o con il movimento degli omosessuali).

Alla fine degli anni Settanta, Fachinelli non esita a paragonare la psicoanalisi a un autentico ultracorpo, un sapere che, analogamente alle creature aliene dell’omonimo film di Don Siegel (1956), è in grado di mutare facilmente forma e diffondersi in ogni ambito della società. Si tratta di un argomento che ricorreva a modo suo già nell’immaginario freudiano, come suggerisce la leggendaria profezia che Freud fece a Jung durante il loro primo viaggio verso l’America: “Non sanno che stiamo portando loro la peste”. Sia Freud che Fachinelli sapevano che la diffusione massificata del sapere analitico avrebbe sancito il sacrificio stesso della psicoanalisi. Una psicoanalisi diffusa su larga scala, penetrata nel linguaggio comune e nella cultura di massa, è una psicoanalisi adeguata alle esigenze dell’attualità o, come direbbe Fachinelli, una pratica che passa dal lato del rimosso a quello del manifesto, dalla parte del conflitto a quella del controllo. Non solo perché, come specificava già Freud, il successo che la terapia può ottenere con il singolo non è estendibile alle masse, ma soprattutto perché una simile diffusione rischia sempre di rovesciarsi in un fanatismo o in un igienismo terapeutico. Una psicoanalisi senza resistenza non è più una psicoanalisi, quanto piuttosto un suo derivato ideologico.

Ecco perché le tesi di Fachinelli sul nodo sapere-potere, psicoanalisi e psicologia, meritano di essere lette con la massima cautela: per Fachinelli, l’esportazione della psicoanalisi verso altre branche del sapere certifica il decadimento, piuttosto che il trionfo, della pratica dell’inconscio. Specializzazione, separazione, suddivisione sono tutti termini che nel linguaggio fachinelliano sono sinonimo di potere. La suddivisione del sapere in compartimenti stagni che non dialogano tra loro ci conduce soltanto a futili generalizzazioni o, nel caso peggiore, a tanti modi di irregimentare l’esperienza degli individui nel mare piatto del conformismo. L’alternativa alla passività del nodo sapere-potere prende in Fachinelli un nome preciso, nexologia: un sapere in elaborazione comune costituito da nessi anziché da vincoli, e basato sul presupposto della revisione perpetua dei propri assunti, invece che su quello ottuso della conservazione.

 

La seconda traiettoria, differente ma affine alla prima, si muove sul tracciato del rapporto tra corpo e linguaggio, un argomento ostico e tuttora irrisolto della psicoanalisi. In generale, Fachinelli non ha mai smesso di porre in rilievo l’irriducibilità del corpo rispetto alla parola. La psicoanalisi ha sempre mancato gli appuntamenti con il corpo, preferendo conservare invece il primato pratico e teorico del verbale. Come lascia intendere lo stesso Fachinelli, tuttavia, si tratta di un atteggiamento tutt’altro che casuale: laddove la parola rimanda direttamente al senso, il corpo si pone fin troppo spesso come l’insensato per eccellenza, l’imprevisto che compromette la tenuta logica del sapere. Porre corpo e parola sullo stesso piano vorrebbe dire scuotere le fondamenta del sapere analitico alla radice, rischiando persino di sovvertire il modo in cui siamo abituati a concepire la psicoanalisi. Al tempo stesso però, Fachinelli è ben consapevole che nessun’altra disciplina ci ha permesso sinora di porre la questione del corpo come ha fatto la psicoanalisi. È un leitmotiv piuttosto tipico di Fachinelli, che attraversa la maggior parte della sua produzione: la psicoanalisi ha portato a galla un sapere inquietante (quello dell’inconscio) da cui ha presto sentito il bisogno di difendersi. Ecco perché, per pensare in termini di corpo, occorre psicoanalizzare la stessa psicoanalisi: spingersi oltre le sue difese e sciogliere le sue rimozioni. Gli Esercizi ci offrono molti esempi al riguardo.

L’acceso testa a testa con Lacan, per esempio, in cui Fachinelli interroga lo psicoanalista francese sul significato del celebre gesto napoletano già proposto da Sraffa a Wittgenstein, è un’ottima occasione per ribadire l’esistenza di “altri linguaggi” al di là della dimensione verbale. La questione ritorna ancora una volta a distanza di pochi anni, in Il quinto privilegio dell’inconscio, dove Fachinelli mostra la resistenza della psicoanalisi post-freudiana a concepire l’inconscio in termini di corpo anziché solo di parole. Freud per primo, a quanto pare, non osò sviluppare fino in fondo la quinta proprietà dell’inconscio, esitazione che rimane per Fachinelli all’origine del fallimento della psicosomatica quale sapere separato in un’“ulteriore suddivisione specialistica”.

Ma il nesso corpo-linguaggio trova la sua migliore esemplificazione nello scritto La parola contaminata, una nota aggiunta da Fachinelli alla pubblicazione de L’uomo col magnetofono di J.J. Abrahams. Il libro, in cui l’autore “ruba” la voce del proprio analista registrandola con un magnetofono, fece grande scalpore nell’ambiente intellettuale francese, e aprì un duro dibattito su Les Temps Modernes tra Sartre e Pontalis. Fachinelli si discosta dalla discussione proponendo una lettura della vicenda del tutto differente: l’episodio di Abrahams deve farci riflettere sulla tendenza dell’analisi a ridurre ciascuna manifestazione dell’inconscio al regime della parola. Più o meno consapevolmente, la psicoanalisi sarebbe virata in misura sempre maggiore verso l’ideale della parola incontaminata, una parola in grado di tradurre in codice anche (e soprattutto) ciò che esula dal registro espressivo verbale. Di qui la proposta di Fachinelli, ancora oggi sottovalutata, di ripristinare il valore contaminato della parola, ovvero di una parola che sia “non scissa, o il meno scissa possibile, da ciò che non è parola”. L’opposizione tra parola contaminata e incontaminata, del resto, è la stessa che anima l’attuale confusione tipica di molte cliniche del corpo: l’ambiguità tra il parlare del corpo e il dare la parola al corpo, e cioè tra una visione del corpo già codificata nella parola e una in cui la parola impara a tacere e ascoltare.

Data:

16/12/2022

Informazioni sull'autore:

Gioele Cima è un ricercatore indipendente. Tra le sue pubblicazioni: Il seminario perpetuo. Il tardo e l’ultimo Lacan (Orthotes, 2020), Motivi lacaniani. Scritti sul peggio (Orthotes, 2022), Georges Bataille. Il pensiero violento (Feltrinelli, 2022), Psicoanalisi e dissidenza. Su Elvio Fachinelli (Mimesis, in pubblicazione). Ha curato la traduzione italiana di Tortura Concreta. Jean-Luc Moulène e il protocollo dell’astrazione di Reza Negarestani (Tlon, 2022). È inoltre autore dell’introduzione critica a On Freud di Elvio Fachinelli (MIT Press, 2022).

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European Journal of Psychoanalysis