Imminenza

Siamo stati abitati negli ultimi anni da una atmosfera di “imminenza”. I discorsi sulla catastrofe ambientale cui si va incontro, sulla crisi della vita sociale, hanno sparso nell’aria il senso di una incombenza apocalittica.
Ma cos’è l’imminenza? L’imminenza non è una indeterminata attesa, essa sostituisce all’aspetto di indeterminazione l’assoluta presenza materiale di un inesorabile intravisto. L’imminenza è un’incombenza, cioè un’attesa abitata, popolata. È il luogo della certezza presentita, dell’apertura all’inesorabile, al necessario. Pensiamo a quel distillato di imminenza che mi si offre quando sento una mano desiderata avvininarsi alla mia, varcando quella soglia peripersonale che apre lo spazio del tocco prima che esso si produca.
L’imminenza ha anche un altro carattere: il necessario, l’inesorabile non si presenterà con l’aspetto del familiare, ma con quello dell’impensato. Ciò che abitava la nostra attesa, il nostro presentimento, si manifesterà coi tratti dell’inedito, dell’evento. Torniamo all’esempio della mano amata e desiderata: quando essa arriverà a toccare la mia, quel tocco sarà il nuovo, l’impensato, l’evento puro. L’imminenza ci apre quindi all’inesorabile intravisto e insieme al totalmente inedito.
La situazione che viviamo in questi giorni mi sembra abbia tutti i tratti dell’imminenza. È questo che Lacan aveva in mente, quando provava a cogliere il senso dell’incontro con quello che lui chiamava il “reale” assai diverso dalla realtà. Il coronavirus era imminente, vale a dire era un inesorabile intravisto, che una volta attualizzato ha assunto la forma dell’impensato, dell’ altro assoluto. Sentite l’apparente contraddizione?
È questa che ci lascia attoniti.

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European Journal of Psychoanalysis