“La psicoanalisi americana: divagazioni dalla Russia, con amore”
“che dire della prossima generazione, qui, in America, o altrove, visto che a questo punto, quello che serve per diventare psicoanalista è piuttosto estremo, a volte anche terribile?”
La mia esperienza di insegnamento della psicoanalisi nelle diverse università americane mi ha portato due volte a fuggire dal continente. La prima volta sono fuggito a Puna, in India, seguito da un trasferimento a Mumbai. Ho scoperto che le università indiane erano un gradito contrappunto alla pudicizia che caratterizza molte aule universitarie americane. È stato un piacere ridere ancora una volta con i miei studenti. Successivamente, sono fuggito a Tyumen, in Russia, durante un momento particolarmente delicato nelle relazioni internazionali tra Russia e America. È stata un’università russa che mi ha dato la possibilità di insegnare senza restrizioni. Sebbene queste decisioni di fuggire dal continente americano non siano state senza conseguenze, hanno comunque sostenuto il mio desiderio di studio e insegnamento psicoanalitico.
Come tutti sappiamo, Freud, mentre si recava in America, affermò che là non si rendevano conto che stava portando loro la peste. Quello che mi interessa evidenziare è che in realtà è stato lui ad ammalarsi. Si lamentava infatti di problemi digestivi, dandone la colpa alla cucina americana. Una situazione connessa: recentemente c’è stato un dialogo tra i presidenti americano e russo. Quando Joe Biden ha guardato negli occhi Vladimir Putin e ha affermato di aver “visto un assassino”, la risposta di Putin è stata che era l’anima di Biden che si rifletteva su di lui[1]. Non riesco a pensare a nessuna ragione per cui questi due esempi non dovrebbero servire a dimostrare i modi di rifiutare lo stile o il godimento degli altri: Freud ha rifiutato lo stile americano di preparazione del cibo e Biden ha rifiutato lo stile politico di Putin. Eric Laurent (2014) ha offerto una bella formulazione: “Rifiuto la persona il cui godimento è distinto dal mio”.
Torno alla famosa affermazione di Lacan che si riceve il proprio messaggio in forma invertita. Un problema cruciale oggi riguarda il modo in cui proiettiamo sempre più aspetti della nostra stessa disumanità sugli altri. Ad esempio, quando affermiamo frettolosamente che un’altra persona è transfobica, razzista e così via, a volte rischiamo di perdere la posizione da cui parliamo. Per questo motivo, propongo, rischiando, quanto segue: i nuovi movimenti sociali in America a volte sembrano indistinguibili dalla politica ufficiale dello stato russo. Quando viene invocato lo status di “agente straniero”, che di fatto cancella un individuo o un’organizzazione dall’interno del gruppo sociale generale, l’accusato deve dichiarare pubblicamente la propria esternalità. Questo non è simile, in alcuni casi, agli effetti della cosiddetta “cultura dell’annullamento” in America? In entrambi i casi, lo scopo, sembrerebbe, è quello di produrre un gruppo sociale coeso senza crepe, un gruppo i cui nemici sono situati tutti all’esterno.
La psicoanalisi lacaniana parte da una premessa diversa sull’interiorità del gruppo: “l’estimità”. È stato Jacques-Alain Miller a sottolinearne l’importanza nell’insegnamento di Lacan, ma, indubbiamente, è implicita nell’opera di Freud. Ad esempio, senza le leggi mature della rimozione, esisterebbe una figura nota come il “doppio”. L’affermazione di Lacan era che quando la castrazione viene pignorata (foreclosed), cioè quando le leggi della rimozione non sono operative, è possibile che nuove minacce appaiano nel reale. In ogni caso, viene da chiedersi se esiste anche nella tradizione americana nota come ‘post-strutturalismo’ un concetto equivalente a quello e alla connessa impresa teorica nota come ‘teoria queer.’ Ho isolato a caso un passaggio estratto dagli scritti di Judith Butler: “ [l]a sfida lacaniana ai resoconti angloamericani del genere [è] considerare lo status di ‘sesso’ come una norma linguistica” (Butler, 1993, xxix). Mi sembra che Butler abbia messo il “sesso” dalla parte del Nome-del-Padre, senza mettere in primo piano il suo status di “estimo”.
Una radicalizzazione fondamentale del concetto di “sesso” si è verificata negli insegnamenti di Lacan dopo il suo seminario sull’etica della psicoanalisi. A quel punto, il sesso è diventato una categoria di cui occuparsi al di là delle leggi della rimozione, al di là di un mondo ancorato dal Nome-del-Padre. Sempre più Lacan si interessava al “sesso” in un mondo senza un legame sociale generale, cioè senza il Nome-del-Padre. Fornirò un esempio concreto (sebbene, certamente, ingenuo) di cosa significhi questo cambiamento per la teoria del genere. Una volta, in America, quando ci si confrontava con la porta dei bagni si presentava un dialogo interno del tipo: “Sono davvero questa donna o quell’uomo che il bagno mi chiede di essere?” Era un’espressione di dubbio nei confronti dell’Altro, ed era, in parole povere, una domanda isterica. Oggi viene spesso portata avanti una preoccupazione diversa: si rimane relativamente certi del proprio genere, si passa dalla porta del bagno e si incontra il seguente problema: l’Altro non ha la stessa certezza sul mio genere.
È per aver seguito questa posizione di “pignoramento [foreclosure] generalizzato” che sono stato informalmente etichettato dai colleghi come “milleriano”. Naturalmente, era inteso come un’accusa oltre che come un insulto. L’insulto era di presumere che nutrissi un transfert problematico con Jacques-Alain Miller, e l’accusa era, secondo alcuni della sinistra lacaniana americana, di essere colpevole (per associazione) dello stesso crimine di cui era colpevole lui. È stato deciso senza discussione, per alcuni di loro, che Jacques-Alain Miller era transfobico. La mia confutazione, poiché senza dubbio è stata considerata tale, è consistita nell’introdurre il neologismo “Milleria” (riunendo le parole “isteria”, “Miller” e “malaria”). Contro la politicizzazione della psicoanalisi, sono fuggito dalla sinistra lacaniana, e l’ho fatto proprio per sostenere il mio desiderio di lavoro psicoanalitico. In quel momento ho riscoperto un’oscura formulazione di Lacan: “Non dico ‘la politica è l’inconscio’ ma semplicemente ‘l’inconscio è la politica’” (Lacan, come citato in Miller, 2002). La Milleria sembra a volte essere una caratteristica tipicamente americana. Eppure, senza dubbio, si è diffusa attraverso l’oceano come la peste.
Per inciso, diversi anni fa ho scritto un libro intitolato Jacques Lacan and American Sociology (Rousselle, 2019). Il mio scopo nello scrivere quel libro era semplice: convincere i lettori che c’era una preclusione (foreclosure) dell’invenzione freudiana in America. In quel testo ho esplorato il primo contatto di Freud con gli americani e la sua successiva influenza sui primi sociologi. Ho affermato che questi ultimi hanno preso da Freud solo ciò che potevano usare, lasciando il resto (compresi i quattro concetti fondamentali della psicoanalisi). Ho anche messo in evidenza una serie di affascinanti capovolgimenti: se i primi sociologi americani rifiutavano Freud perché troppo biologico, i sociologi contemporanei spesso lo rifiutano perché non era sufficientemente biologico (ad esempio, incapace di parlare di identità trans*, e così via). Non affermerei che queste affermazioni manchino il bersaglio, ma che dire di Lacan?
Ebbene, Lacan, direi, è andato oltre Freud, oltre il mondo edipico, evitando così i problemi di indigestione che affliggevano il rapporto di Freud con l’America. Lacan trascorse più tempo [di Freud] in America e disse cose più accomodanti sugli americani. Ha anche scoperto che c’era uno stile simile tra alcuni di loro. Ad esempio, alla Columbia University ha detto:
“Posso solo essere molto grato per tutte le cure che [qualcuno] ha impiegato per spianare la strada al mio arrivo nelle Americhe, ma, ciò nonostante, sono sorpreso dal fatto che tante persone dicano cose che non sono così lontane da quello che dico io… si produce così in più luoghi una specie di piccolo vortice, un modo di dire (de dire) che io chiamo stile. Non ho una “concezione del mondo”, ma ho uno stile, uno stile che, naturalmente, non è del tutto facile, ma questo è tutto il problema. Cos’è uno stile? (Lacan, 1975, p. 43).
Appare importante che Lacan abbia invocato una nozione di “stile” quando si riferiva agli americani. Era in gioco lo stile per Lacan, e non, per dirla semplicemente, che gli americani potessero accettare o meno l’inconscio freudiano. Ciò richiede, fondamentalmente, una nozione di godimento, che Lacan ha dovuto sviluppare. Al di là del mondo edipico e del Nome-del-Padre, Lacan ha trovato il godimento: una modalità di godimento indipendente dall’Altro, dal vincolo sociale onnicomprensivo. È stato ciò che ha portato Pierre-Gilles Gueguen ad affermare – come ho fatto anche io nel mio libro Jacques Lacan and American Sociology – che “Lacan stava identificando un difetto nel simbolico [che era] specifico della società americana” (Gueguen, 2022, p. 19).
Quando Jacques-Alain Miller tenne il suo primo seminario in America, parlando a studiosi di letteratura piuttosto che a clinici, gli fu chiesto di parlare del post-strutturalismo. Mi sembra che ci sia stato uno sforzo per raggruppare Jacques Lacan in una “trinità di Jacques”, una serie che inizia con Jacques Derrida e prosegue fino a Jacques Lacan attraverso l’intermediazione di Jacques-Alain Miller. In un certo senso, è stata Judith Butler, professoressa di letteratura e presidente della Modern Language Association, a fare il massimo sforzo in questa direzione. Ha trasformato Lacan in una “cinghia [strap] di Jacques”- se così posso dire – (in quanto lui è diventato un vibratore [strap-on] per il lavoro di Jacques Derrida). Non escludo l’importanza delle cinghie di Jacques per gli stili di godimento sessuale; anzi, non lo trovo affatto sgradevole. Tuttavia, Lacan non può essere ridotto a questa trinità, poiché la sua era il Simbolico, l’Immaginario e il Reale, oltre che il Sinthomo.
Note e riferimenti:
[1] Devo questo aneddoto a Slavoj Žižek.
Butler, J. (1993) Bodies that matter: On the discursive limits of sex. Routledge.
Gueguen, P.-G. (2022). “American Lacan”. The Lacanian Review: Lacan in America, Vol. 12.
Laurent, E. (2014). Racism 2.0. As Retrieved on January 15th, 2022 from https://ampblog2006.blogspot.com/2014/01/lq-in-english-racism-20-by-eric-laurent.html
Lacan, J. (1975). Columbia University auditorium, School of International Affairs (J. Stone, Trans.). Scilicet. N. 6-8. pp. 42-45.
Miller, J.-A. (2002). Milanese intuitions. As Retrieved on January 15th, 2022 from https://static1.squarespace.com/static/5d52d51fc078720001362276/t/5e286d343aa56f615cb39b4c/1579707700527/20020512+%26+22+Miller_Milanese-Intuitions-1-2.pdf
Rousselle, D. (2019). Jacques Lacan and American sociology. Palgrave MacMillan.
Data:
01/22/2021
Alcune informazioni sull'autore:
Duane Rousselle, PhD, è stato professore di Sociologia e Psicoanalisi alla School of Advanced Studies, University of Tyumen (Russia). I suoi libri più recenti includono Real Love: Essays in Psychoanalysis, Religion, Society (Atropos, 2021), Gender, Sexuality, and Subjectivity: A Lacanian Perspective on Identity, Language, and Queer Theory (Routledge, 2020), Jacques Lacan & American Sociology: Be Wary of the Image (Palgrave, 2019), Lacanian Realism: Political and Clinical Psychoanalysis (Bloomsbury, 2018), and Post-Anarchism: A Reader (Pluto Press, 2012).