Lettera di ***, psicoanalista russo

Pubblichiamo la traduzione della lettera dello psicoanalista e scrittore *** a Sergio Benvenuto, direttore del sito italiano di questo Journal.

*** è personaggio molto noto in Russia e altrove. Ha fondato e dirige una scuola di psicoanalisi a dirige il *** a ***. Critico d’arte, saggista, filosofo, è una delle figure più salienti nel panorama del dissenso russo.

Caro Sergio,

Per favore, scusami in anticipo se alcuni dei miei pensieri non saranno abbastanza chiari. La mia testa non ha funzionato bene in questi ultimi giorni, e inoltre, non posso seguire la tradizione psicoanalitica della libera associazione di pensieri.

Gli umani parlano, gli umani pensano. Kant sognava un momento in cui le persone sarebbero state in grado di pensare in modo indipendente.

Il grande pensatore russo, nonno della cosmonautica, Nikolai Fedorov, alla fine del XIX sec. prevedeva che in futuro il mondo sarebbe stato diviso tra persone che possiedono la conoscenza e quelle che non la possiedono. Le persone intelligenti, le persone che sanno leggere e pensare, capiscono i disastri della guerra. Le persone che guardano la TV (e oggi non è rimasto alcun canale non statale in Russia) sostengono la guerra. Al momento il numero degli zombi TV – come vengono chiamati in Russia – è senza dubbio la maggioranza nel paese. Per me questo è un punto importante per capire la situazione.

Il fatto è che l’Unione Sovietica, il paese in cui sono nato, era un paese dominato dal discorso universitario (Lacan, credo, aveva ragione; lo slogan di Lenin “impara, impara e impara” è sopravvissuto agli sforzi di Stalin di annientare la cultura). Il nuovo ordine arrivato con il nuovo secolo stava lavorando pesantemente allo scopo di uccidere l’istruzione (uno strano politico, Zhirinovsky, ha affermato durante le Primavere arabe: “Vedete i risultati dell’istruzione? Rivoluzione. Ne abbiamo bisogno? No. Non abbiamo bisogno di studenti. ”). In tutti questi anni l’attività più importante della mia vita è stata di insegnare alle persone a pensare, e alla fine non importa cosa studiare – Freud e Lacan, o Adorno e Hannah Arendt, o Fritz Lang e Dziga Vertov.

La passione dell’ignoranza, l’esistenza interpassiva di fronte all’arma TV molto aggressiva, è un fattore molto importante in quello che abbiamo al giorno d’oggi. Le idee di Freud sull’ipnosi come organizzazione di massa elementare sono molto rilevanti.

Quanto a me, conosco solo due esseri umani che sostengono questa follia (uno di loro, Sergio, lo conosci anche tu). Tutte le persone che conosco sono studenti, psicoanalisti, artisti, musicisti, architetti, curatori, ecc., e tutti sono scioccati, terrorizzati e, ovviamente, non vogliono nessuna guerra. In TV però si dice che non c’è nessuna guerra, nessun omicidio, nessuna bomba, nessuna vittima. Ora, è proibito in Russia usare la parola “guerra” (se questa mia lettera non fosse privata, se questo fosse uno spazio pubblico, non mi sarebbe permesso usarla). In realtà, sembra che anche la parola “pace” sia vietata, però ho visto questa parola su un muro di una casa già tinteggiata. Anche il livello incredibilmente alto di aggressività nella nostra società, almeno negli ultimi dieci anni, è sintomatico. L’incitamento all’odio in TV è la cosa più ordinaria e banale. Anche l’aggressività di massa e le sue fonti narcisistiche sono un problema da analizzare.

Per molti anni gioiosi ho insegnato a Kiev, la madre delle città russe, come chiamavamo questa città (non so proprio se questo nome esista ancora – l’industrializzazione della memoria nel tempo della riscrittura senza fine della storia distrugge tutto come un napalm mentale), ma poi ho dovuto smettere, non era più comunicazione, solo internet…

Oggi ho ancora molti amici, studenti, colleghi a Kiev e parenti a Dnepr. I miei genitori vengono da quella città ucraina, la città dove ho trascorso gli anni più felici della mia infanzia. E ci sono tante famiglie come la mia. Quindi, non posso chiamare quello che sta succedendo una guerra tra due nazioni. Si spera che molte persone in tutto il mondo lo capiscano: questa non è una guerra russo-ucraina. Affatto. È piuttosto – mi dispiace usare questa espressione – un “one-man show” (sostenuto ovviamente dalle masse e dalla sua organizzazione) che combatte la realtà, il che sembra il ritorno del reale (in senso lacaniano).

Mio padre era un veterano della Seconda Guerra Mondiale. Non gli piaceva raccontare storie su quei cinque anni, più bui della sua vita e di quella di altri veterani, i suoi amici ci insegnavano una cosa: amare e mantenere la pace. E poi, lezione molto importante di mio padre, l’internazionalismo (una delle primissime canzoni che ricordo della mia infanzia è stata “Bella Ciao”, la canzone dei partigiani italiani che lottano contro i nazisti). Quando gli ho chiesto della seconda guerra mondiale, ha sempre sottolineato che in trincea lui era insieme a russi, tartari, ebrei e ucraini. E un’altra cosa: mio ​​padre non ha mai parlato di Stalin come di colui che aveva ottenuto la vittoria e aveva portato la pace sulla terra. Anzi.

La cosa più folle degli eventi degli ultimi giorni, per me, è il crollo di uno dei miti fondamentali sovietico-russi (nel senso psicoanalitico della parola mito). Secondo quel mito, i russi non attaccano mai per primi. Questo principio nazionale era la linea rossa. E questa linea è stata superata. In un solo giorno, questo mito fondamentale è stato infranto. Questo è uno dei motivi per cui al posto della parola “guerra”, secondo la nuova normativa, dobbiamo dire “operazione di liberazione” o usare altri eufemismi. Ma ancora una volta, la cosa più orribile è che le persone che ieri erano orgogliose di essere le più pacifiche oggi sono molto orgogliose quando urlano di uccidere il nemico [ucraino]. Anche se ricordo il finale de Il grande dittatore di Chaplin, quando vediamo che per la gente non importa chi applaudire, è difficile per me accettare questo cambiamento radicale in un tempo così rapido.

Certo, ci sono molte proteste qui contro “l’operazione di liberazione”. Le persone coraggiose vogliono la pace. Ma d’altra parte ci sono forze enormi contro di loro. E’ il momento di dire che in questi ultimi anni abbiamo assistito all’incredibile crescita degli apparati paramilitari. Essere membro delle forze armate significa avere un lavoro, denaro e carriera, cosa importante in un paese piuttosto povero. Di solito è facile vedere quando hanno luogo le proteste, l’equilibrio è sbilanciato: i manifestanti sono in inferiorità numerica rispetto a chi deve reprimerli.

Una parte della popolazione al momento è per così dire neutrale, non interessata alla guerra. Ma ovviamente non c’è neutralità, soprattutto quando entriamo nel discorso della paranoia. Elias Canetti diceva che la paranoia è la malattia del potere. La mia lettura degli ultimi anni su questo argomento sono le Memorie del presidente Schreber, ovviamente. Il suo crollo fu per lui il crollo della Weltordnung (l’ordine mondiale). Ed era al centro del Weltuntergang (tramonto del mondo). Schreber era un cavaliere che doveva ripristinare l’ordine (per fortuna solo nella sua mente). È lo stesso paradigma che troviamo nell’uomo in questione!

15-20 anni fa, in Russia ci si poneva una domanda: quale potrebbe essere un’idea nazionale per unire le persone? Alla fine questo discorso nazionale è stato fondato non su una, ma su due idee fondamentali: (1) il modo speciale della Russia come popolo eletto, e (2) i nemici sono ovunque.

Alcuni anni fa, l’uomo in questione, parlando di Noi/Loro, disse: “Vi porterò tutti in paradiso e loro moriranno, semplicemente”. È possibile interpretarlo nel senso che moriremo per la giusta causa, e loro rimarranno insepolti, “liegen lassen”, se possiamo usare le parole di Schreber. Qui ci avviciniamo anche alla questione dell’immortalità (l’Immortale è uno dei soprannomi dell’uomo in questione). Schreber spiega logicamente il suo essere non mortale. E sentiamo la voce dell’Immortale senza alcuna argomentazione.

Questo ovviamente è partito dall’annullamento ufficiale del tempo. Il tempo è di nuovo out of joint[1]. Nessuna legge, non c’è tempo e non c’è legge. L’importante è che qui non ci occupiamo del confronto tra Est/Ovest come socialismo versus capitalismo. C’è scontro tra due forme di capitalismo.

Una volta un artista britannico, Jake Chapman, dopo i problemi con suo fratello Dinos, in una mostra all’Hermitage di Stato ha chiamato questa forma di capitalismo un capitalismo vendicativo. Veniamo qui alla questione del predominio del discorso criminale. Permettimi di non approfondire qui la questione. Voglio solo sottolineare che non si tratta di odio filosofico o storico o ideologico. Non ha quasi nulla a che fare con la guerra fredda URSS/USA.

L’odio paranoico, come sappiamo, non si rivolge semplicemente ai nemici esterni. Non c’è confine tra esterno e interno. Il numero degli agenti stranieri all’interno, degli estremisti e dei terroristi, continuamente si moltiplica, da noi. Ed ecco che arriva lo scenario più orribile eppur possibile (spero proprio di no): attraversare la linea rossa fino a giungere al bottone rosso. Credo che ricordi il generale di Kubrick Jack D. Ripper (nel film Il dottor Stranamore)[2]. Attacchiamo prima per non farci attaccare! La costruzione immaginaria non ha nulla a che fare con costruzioni ideologiche simboliche. Secondo Deleuze e Guattari, la macchina paranoica va dritta al suo fine, cioè al suicidio. Se questa è la fine, allora resta la domanda di quanto grande sia la parte del globo che l’Immortale potrebbe portar via con sé. O abbiamo una speranza? Spero di avere una speranza, ma ancora si tratta non degli ultimi giorni bensì degli ultimi anni di crollo della matrice simbolica, quando le parole stanno perdendo il loro significato, quando le opposizioni binarie girano e girano nello specchio letale, quando non c’è più alcuna corrispondenza tra les mots et les choses.

Spero ancora che ci sia pace sulla nostra terra e che avremo modo di incontrarci e di parlare assieme,

 

Il tuo amico

***

Riferimenti:

[1]Riferimento alla famosa frase dell’Amleto,”The time is out of joint; O cursed spite! That ever I was born to set it right!”. Letteralmente “fuori articolazione”. [Nota del traduttore]

 

[2]In questo film Jack D. Ripper (il suo nome ricorda Jack lo Squartatore di Londra) è un brigadiere generale folle che provoca con uno stratagemma la guerra atomica tra URSS e USA contro la volontà dello stesso presidente americano. [Nota del traduttore]

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European Journal of Psychoanalysis