M49. Un orso in fuga dall’umanità, di Massimo Filippi, Edizioni Ortica, 2022.

All’inizio di questo suo ultimo libro Massimo Filippi si chiede se esso lascerà una traccia, “dolente o rabbiosa, accorata o collerica” in chi lo leggerà. Io credo di si e non solo perché l’ha lasciata in me. Questo è un libro, come dall’inizio enuncia l’autore, scritto “deliberatamente contro l’antropocentrismo e l’antropomorfismo”. Senza mezzi termini.

“M49. Un orso in fuga dall’umanità” è intanto la storia dell’orso denominato dagli umani M49 che da “invisibile” (leggi non disturbante) diventa “visibile” (leggi disturbante) e che, in barba alle barriere, ai recinti elettrificati dove è deciso che l’animale viva, scappa più e più volte -proprio come sapesse ciò che fa, curioso per un animale non umano, no? –  fino ad essere chiamato Papillon, un po’ come una beffa, un po’ come un fenomeno di folklore: l’importante è denominare. L’ennesimo esempio di furore etichettante e tranquillizzante che scarnifica la vita, anzi la “vitamorte”. Ed effettivamente, detto in modo più appropriato, questa è la storia di una resistente, ostinata, irriducibile, vitamorte narrata in prima persona perché “scrivendo si dona scrittura a coloro non l’hanno ma essi donano alla scrittura un divenire che altrimenti essa non avrebbe (Deleuze)”.  In questo caso all’orso, anzi, a “unorso dalla carne vulnerabile e mortale” proprio come quella di noi umani che fregiandoci del termine Umanità, blaterando di La vita e La morte, ci illudiamo di dominare, padroneggiare, separare sotto “luce fulgente”, proprio quella “diretta e bianca…. quel sole occidentale agonizzante”[1] che Baudelaire, quasi un paio di secoli fa, aveva preconizzato sarebbe stato “avvolto da una miriade di colori”. E’ accaduto: “la miriade di colori” è tra noi nelle forme di vita brulicanti e inarrestabili (virus compresi), o in quelle di chi si muove, migra, (orsi compresi) ma di cui ancora l’Umanità non vuole sapere nulla. L’Umanità, come scrive Filippi, è ancora bianca, maschile ed eterosessuale, cisgen- der, abile e cognitiva, onnivora, proprietaria ed energivora.

Intanto l’orso si muove, fugge, si, sembra proprio che desideri. Che parola per un orso, e anche per noi umani che abilmente abbiamo costruito una barriera insormontabile tra chi ha facoltà di parola e dunque di desiderio e chi no. M49 fugge da questa orrenda Umanità dal “melenso e volgare antropocentrismo”, vivemuore come Antigone, come lei lotta contro macroscopiche e microscopiche norme, noncurante del rischio perchè lui non si risparmia come l’Umanità. Fugge e sbeffeggia chi ha già deciso la sua morte, per onorare “la memoria dei senza nome”, chiunque essi siano. Perché il suo nome è “moltitudine” che sfugge, resiste in perenne rivendicata in-stabilità. Il suo nome è Tra, come Filippi enuncia.

Questo libro è anche il lamento sconfinato di chi, da animale umano non identificato all’Umanità (“traditore della sua specie”: ne esistono, fortunatamente), piange i dolori e le sbarre inflitte a (certi) viventi e le macroscopiche e microscopiche “fini del mondo” inflitte a tutti, giorno dopo giorno. Può essere insostenibile, per chi ha occhi per non vedere, guardare in e con “l’inviolato e inviolabile abisso degli occhi scuri di una giumenta, di una cagna, di una vecchia che da del pane a un prigioniero”. Ma questa è l’operazione che Filippi tenta di fare, a rischio di rendere sofferta, e dico poco, la lettura. E immaginiamo anche la sua scrittura che culmina nel tentativo di estrema de-soggettivazione quando dall’”io” e dal “tu” Filippi transita al “si” perché il Neutro “non è mai neutrale ma è linea di fuga dall’incedere tagliente della decisione lineare (R. Barthes)”, è via di uscita dalla luce fulgente che acceca.

Questo è un libro che, come avrebbe detto Fachinelli, ci strappa al grottesco[2] quotidiano e alla ripetizione senza via di uscita. E’ un libro che fa sussultare (risvegliare?) la vitamorte che è in noi certamente con rabbia ma anche con un certo sollievo.

Riferimenti bibliografici :

[1] C. Baudelaire, Edgar Poe, la sua vita, le sue opere, Ed. Besamuci, 2020.

[2] E. Fachinelli, Grottesche, Ed. Italo Svevo, 2019.

Alcune informazioni sull'autrice::

Cristiana Cimino, psichiatra e psicoanalista di formazione freudiana e lacaniana; pratica a Roma; è membro associato della Società Psicoanalitica Italiana (IPA); è membro dell’Istituto Elvio Fachinelli (Roma); è stata co-editor dell’European Journal of Psychoanalysis; è co-editor della rivista Vestigia; ha collaborato con l’Istituto di Studi Filosofici di Napoli-Roma. Ha pubblicato molti testi su giornali specializzati in varie lingue. E’ autrice di Il discorso amoroso. Dall’amore della madre al godimento femminile (Manifestolibri 2015) e di Tra la vita e la morte. La psicoanalisi scomoda (Manifestolibri, 2020) [cristianacimino@yahoo.com].

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