Un singolare gatto selvatico: Elvio Fachinelli. Lettura di “Psicoanalisi e dissidenza” di Gioele Cima
Qualche anno fa avevo coltivato con Pietro Barbetta e Giacomo Conserva un progetto editoriale su Jean-Jacques Abrahams, “l’uomo col magnetofono”. La storia è nota, Abrahams irrompe nello studio del suo analista di gioventù, il dottor Jean-Louis van Nypelseer, brandendo un magnetofono acceso, ne segue un alterco in cui Abrahams rinfaccia animosamente al terapeuta le prevaricazioni subite. Il testo sbobinato venne pubblicato da Sartre in Les temps modernes, quindi in un volume, successivamente tradotto in italiano per L’erba voglio, con una pregevole introduzione di Elvio Fachinelli. Nel suo testo, Fachinelli si riferisce al magnetofono come a “un singolare gatto selvatico”, espressione deliziosa che avevamo scelto come titolo per il nostro libro, proiettandola su Abrahams stesso. In qualche modo, l’itinerario teorico di Elvio Fachinelli, la sua unicità e la sua distanza da ogni ortodossia di scuola, lo qualifica a sua volta come un singolare gatto selvatico. Esattamente questa singolarità nel panorama della disciplina analitica me ne aveva fatto appassionare in gioventù, e spinto a leggerne le opere, la rivista L’erba voglio e a inseguire i deliziosi volumi della casa editrice dallo stesso nome.
Si sta assistendo a un ritorno di attenzione per l’opera di Elvio Fachinelli, per varie ragioni, una è l’eccellente lavoro di riproposta di Dario Borso, ma in più la psicoanalisi è in un periodo critico, tra lotte tra fazioni, ossificazione in ortodossie e gerghi, attacchi furibondi da altre prospettive più facilmente commerciabili del mercato psicoterapeutico. Molti cercano vie d’uscita come l’abbraccio sterile con le neuroscienze o la mediazione con altri orientamenti, altri provano a ripensare il senso di una pratica, ed è esattamente questo ciò che Fachinelli ha fatto in tutto il suo itinerario teorico, ed è qui che sta il fascino di un confronto con la sua opera. Come nota Gioele Cima nell’eccellente lavoro di ricostruzione di tale itinerario che sostanzia Psicoanalisi e dissidenza: Su Evio Fachinelli (Mimesis, 2023), come accade spesso nei recuperi affrettati, inseguendo suggestioni estemporanee, si finisce per ridurre il movimento del pensiero di un autore a formule, nel caso dello psicoanalista di Luserna, desiderio dissidente, claustrofilia, estasi, da ciò segue la necessità e la produttività di un corpo a corpo serrato con il corpus fachinelliano.
Detto molto meglio da Cima:
Tornare a Fachinelli, oggi, significa rimettere in gioco la vocazione a mantenere l’inconscio “aperto” all’imprevisto, impegnarsi affinché il significato della scoperta freudiana non si arrenda a un piatto fondamentalismo o a un’ingenua chiamata all’emancipazione libidica. Allo stesso tempo, però, tornare a Fachinelli oggi vuol dire scuotere le fondamenta della psicoanalisi senza il timore che il risultato di una simile scossa ci restituisca qualcosa di radicalmente diverso dall’immagine sociale a cui ci siamo sinora abituati. (p. 17)
Molti sono i meriti del libro di Cima, e molti i livelli di qualità dell’opera, in primo luogo l’argomentazione, sempre puntuale e in continuo confronto coi testi, capace di creare ponti con altri autori che illuminano le concettualizzazioni di volta in volta proposte, poi lo stile della scrittura, per qualità al livello di quella dello stesso Fachinelli (e lo stile era una delle ragioni che mi ci avevano fatto appassionare).
La ricognizione dell’opera segue la cronologia del suo sviluppo, dagli scritti psichiatrici a matrice fenomenologica all’incontro/confronto con Musatti e la psicoanalisi, la pratica della nexologia, scienza dei nessi, uno dei temi sfondo del libro, su cui gli sviluppi concettuali si innestano come esiti. In qualche modo, figurarmi la nexologia fachinelliana mi ha riportato alla mente Barthes e la teoria del testo come ifologia:
Le texte se fait, se travaille à travers un entrelacs perpétuel […] nous pouvons définir la théorie du texte comme une hyphologie (hyphos, c’est le tissu et la toile d’araignée) (Roland Barthes, Le Plaisir du texte, p. 100).
Entrambe scienze dei nessi, da pensarsi in termini dinamici.
Una seconda portante del lavoro di Fachinelli viene individuata nel tempo, da Sul tempodenaro anale della raccolta Il bambino dalle uova d’oro alle tre monografie maggiori, La freccia ferma, Claustrofilia e il bellissimo libro testamento La mente estatica.
Non ha molto senso entrare nel merito dell’argomentazione, richiederebbe spazi che una piccola scheda di lettura non concede, ciò che emerge è il pensiero vivo di un autore affascinato dall’apertura, dall’irregolare, dal grottesco (doveroso il rimando alle Grottesche curate da Borso) come giustapposizione arbitraria del fuori misura, dagli stati limite della coscienza, emerge la ricerca continua su una pratica e sul senso di una pratica. Merito del lavoro di scavo di Cima, e dei raccordi sempre stimolanti ad autori contemporanei, Nagarestani, Virno e approfonditamente a Narcocapitalismo di de Sutter, messo in dialogo nell’ultimo capitolo con l’apologia della difesa di Fachinelli.
Assistiamo a un ritorno dell’attenzione per il lavoro di Fachinelli, possiamo solo auspicare che la sua riscoperta si mantenga sui livelli di qualità del libro di Gioele Cima.